La gestione infermieristica post operatoria del paziente operato di adenomectomia transvescicale in modalità open (ATV)

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Nel caso non sia sufficiente o idoneo intervenire per via endoscopica per rimuovere un adenoma prostatico eseguendo una TURP, il paziente verrà sottoposto ad adenomectomia transvescicale procedendo con un’incisione sotto ombelicale.

Successivamente, durante la seduta operatoria verrà inserito un drenaggio addominale e un catetere vescicale, solitamente Doufour semirigido, dotato di un palloncino per l’ancoraggio, a 3 vie per il lavaggio vescicale con estremità ricurva di 30° a becco di flauto e con due fori laterali contrapposti e di un calibro dal 20 al 24 su scala Charriere (CH)

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Il catetere a 3 vie è di importanza fondamentale per la gestione del post operatorio in quanto permette la connessione di un lavaggio vescicale in continuo. La prostata essendo un organo molto vascolarizzato indipendentemente dalla tecnica usata dal chirurgo, tende a sanguinare dirigendo l’emorragia direttamente in vescica. Tale eventualità provocherebbe la formazione di coaguli di sangue intravescicali con conseguente tamponamento e anuria ostruttiva.

 

Nel catetere a 3 vie oltre alle normali 2 vie, quella di gonfiaggio del palloncino di ancoraggio e quella di fuoriuscita dell’urina, è presente una terza via che ha la funzione di far confluire liquido di lavaggio (soluzione fisiologica 0,9 %) dentro la vescica, impedendo la formazione di coaguli.

Dalla via di uscita verranno quindi raccolti in una capiente sacca del volume di 10/14 litri, liquido di lavaggio, sangue e urina, provenienti dalla vescica.

 

Altra caratteristica del catetere a 3 vie che differisce dai normali cateteri ad esempio di Foley a 2 vie, è la possibilità di gonfiare il palloncino di ancoraggio fino a volume massimo di sicurezza dichiarato dalla ditta produttrice, che può arrivare fino ai 75 ml a differenza dei normali cateteri con palloncino gonfiabile al massimo con 8/10 ml. Tale peculiarità assume quindi una doppia importante funzione: di ancoraggio e emostatica da compressione.

 

Pur essendo l’intervento di ATV molto frequente, solitamente non complesso e riguardante una patologia benigna, il post operatorio per chi subisce l’intervento può essere alquanto fastidioso.

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Il paziente è praticamente connesso ad un sistema di lavaggio vescicale continuo, comprendente delle sacche di lavaggio in entrata poste ai piedi del letto attaccate ad un’asta ad almeno ad un metro di altezza dal letto, in modo da fornire una buona spinta del liquido in caduta e collegate al catetere vescicale tramite un apposito deflussore regolabile.

 

Contemporaneamente al catetere viene raccordato un ulteriore tubo per la fuoriuscita del liquido di lavaggio, sangue e urina e collegato ad una sacca di raccolta.

 

Tale condizione di solito si interrompe in prima giornata operatoria, se il livello di emorragia è accettabilmente diminuito. Fino a quel momento il paziente è praticamente obbligato ad assumere una posizione prona, in quanto girarsi su un fianco potrebbe causare un’interruzione del flusso di lavaggio e per chi è abituato a prendere sonno su un fianco può essere già di per sé fastidioso.

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Come prima spiegato, in oltre, il palloncino del catetere a 3 vie viene gonfiato almeno ad un volume di 40/50cc per favorire la funzione emostatica direttamente sulla loggia prostatica.

La presenza di una massa estranea della dimensione di mandarino, che anatomicamente tende a comprimere anche l’ampolla rettale può creare degli spasmi vescicali e la sensazione di aver bisogno di defecare.

La vescica avendo una muscolatura liscia quindi involontaria risponde allo stimolo pressorio contraendosi, come per voler espellere un corpo estraneo e ciò avviene in maniere più evidente quando il lavaggio in continuo non funziona a dovere, sia per interruzione del flusso, sia per la formazione di coaguli, che dovranno quindi essere rimossi manualmente con un’apposita siringa cono catetere iniettando soluzione fisiologia in vescica con pressione esercitata manualmente, ripulendola in modo che il flusso in uscita torni fluido.

Tale manovra viene eseguita dall’infermiere esperto di urologia o direttamente dall’urologo ed è comunque bene informare il paziente che i sintomi transitori di spasmo vescicale, stimolo impellente di urinare o defecare sempre se transitori, rientrano nella norma.

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Nel caso di presenza di forti spasmi vescicali senza interruzione e sanguinamento importante è quindi opportuno valutare che il flusso di lavaggio in entrata e uscita non sia ostruito e controllare che la sacca del drenaggio addominale non si rifornisca velocemente e copiosamente, in quanto potrebbe significare uno spandimento del liquido di lavaggio in addome a causa di un tamponamento vescicale.

Nel caso quindi che il paziente lamenti dolore è opportuno valutare che tipo di dolore si tratti e controllare sempre scrupolosamente il lavaggio in continuo prima di somministrare un qualsiasi antidolorifico prescritto casomai se VAS superiore a X, in quanto se il dolore fosse causato da un’ostruzione, la funzione analgesica maschererebbe il problema senza risolverlo, aggravando solo la situazione.

Stessa cosa nel caso il paziente lamentasse un dolore tipo colica renale, il che potrebbe significare che un coagulo di sangue stia ostruendo l’ostio dell’uretere allo sbocco in vescica.

 

In caso di emorragia importante si può agire sul gonfiaggio del palloncino aumentandone il volume fino al margine consentito dalla casa produttrice, in modo da estendere la superfice emostatica e la pressione.

 

Si può in oltre usare una trazione collegando un filo al catetere come tirante longitudinalmente alla lunghezza del letto fino a farlo terminare fuori dalla testata inferiore, collegato a dei contrappesi per i quali vengono utilizzati generalmente flaconi da infusione venosa con la funzione di fornire un peso che può variare dai 250 gr (esempio flacone di soluzione fisiologica da 250 ml) ai 1000 gr se non oltre.

Tale procedura esercita un’ulteriore pressione emostatica sulla zona emorragica, ma ovviamente aumenta il disagio del paziente.

 

Solitamente in prima giornata operatoria, se non persiste emorragia importante e il liquido di lavaggio in uscita è a lavatura di carne, si procede alla riduzione del palloncino portandolo a alla metà del volume di origine. Il lavaggio in continuo viene sospeso ed il paziente può essere mobilizzato. In seconda giornata il palloncino viene portato a volume di ancoraggio di 10 ml, per ridurre al minimo i rischi di ischemia sulla loggia prostatica.

 

In questa fase è estremamente importante l’idratazione tramite fluidi endovenosi, oppure se il paziente è canalizzato almeno ai gas, dalla seconda giornata in poi viene consigliato di assumere per via orale almeno 2 litri di acqua al giorno in modo da mantenere le urine limpide. L’assunzione sufficiente di liquidi è molto importante ed è compito dell’infermiere assicurarsi che il paziente abbia recepito che bere al di là della sete effettiva è coadiuvante alla sua guarigione.

 

La sospensione del lavaggio in continuo non è tassativa in prima giornata, ma legata all’effettiva constatazione di avvenuta emostasi.

 

Nel caso che nelle giornate successive, si ripresentino spasmi vescicali e l’urina risulti molto ematica si procederà ad un lavaggio manuale della vescica per rimuovere eventuali coaguli rimasti, mentre in caso di ripresa dell’emorragia verrà riposizionato il lavaggio vescicale in continuo.

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Rimane comunque usuale eseguire almeno un lavaggio manuale al giorno fino alla rimozione del catetere che avviene di solito in quinta giornata operatoria, mentre si procede alla rimozione del drenaggio addominale quando si è certi che l’emostasi sia definitiva.

 

Dopo la rimozione del catetere vescicale è sempre utile mantenere una sufficiente idratazione che non dovrà essere interrotta neanche dopo la dimissione. Le urine del paziente verranno monitorate dopo aver rimosso il catetere e verranno presi in considerazione sintomi di ostruzione vescicale come estrema pollachiuria, stranguria, anuria e presenza di globo vescicale. Altri sintomi più lievi, come getto ridotto, sensazione di dover urinare con urgenza e lieve ematuria sono nella norma e legati alle condizioni irritative e alla guarigione della ferita interna.

Tale sintomatologia scomparirà progressivamente nell’arco di un mese circa.

 

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