Circa il 10% delle donne dichiarano di avere almeno un episodio di infezione delle vie urinarie (IVU) all’anno e più del 50% di tutte le donne hanno avuto almeno 1 episodio di IVU nel corso della loro vita. Si parla di cistite ricorrente o infezione ricorrente delle basse vie urinarie quando una seconda infezione sintomatica segue una prima dopo la sua completa risoluzione. Il manifestarsi di almeno 2 episodi di cistite acuta non complicata in un periodo di 6 mesi, o di almeno 3 episodi in un anno sembra sia il modo più diffusamente accettato attualmente per definire una IVU ricorrente. Nel 1970 uno studio Danese aveva descritto che circa la metà delle donne che risolvevano il primo episodio di cistite andavano incontro ad un altro episodio nel corso del primo anno. Uno studio Finlandese nel 1996 dimostrò simili risultati e anche che le donne sopra i 55 anni di età erano più suscettibili alla ricorrenza. Le IVU ricorrenti si possono manifestare per 2 meccanismi: persistenza batterica in vescica o reinfezione. La persistenza batterica è tipicamente caratterizzata da una infezione con gli stessi microrganismi e ricorre con intervalli di tempo molto brevi. Le reinfezioni invece ricorrono ad intervalli più lunghi e non sono necessariamente causate dallo stesso microrganismo. La reinfezione, che è molto più comune della persistenza, è una condizione più complessa e difficilmente dipendente da un singolo fattore. Le infezioni ricorrenti nell’uomo sono più rare e più comunemente associate ad un singolo fattore di rischio quale l’ostruzione prostatica.
PERSISTENZA BATTERICA
Diagnosi
Una volta risolta la cistite acuta e in assenza di batteri rilevabili all’esame urine, è possibile in alcune circostanze per il microrganismo di “nascondersi” in alcuni parti delle vie urinarie dove sono esposti a minori concentrazioni di antibiotici (calcoli, corpi estranei, cisti renali infette, ascessi perivescicali, diverticoli, etc.). La diagnosi in questi casi, oltre ad avvalersi dell’esame urine, ricorrerà anche a tecniche di imaging (ecografia, TC, urografia, RM, endoscopia) per evidenziare la presenza di questi fattori di rischio.
Trattamento
Il trattamento principale consiste nella eliminazione dei possibili focolai di infezioni o anomalie anatomiche, spesso chirurgicamente. Laddove il focolaio non possa essere rimosso chirurgicamente, una terapia antibiotica a lungo termine e basse dosi potrebbe essere l’unica opzione valida per sopprimere la crescita batterica e prevenire i sintomi. Gli antibiotici più spesso consigliati in questi casi sono spettro ristretto quali la Nitrofurantoina o il Trimethoprim. Gli antibiotici ad ampio spettro quali i fluorochinoloni sono spesso evitati per questi usi.
REINFEZIONE
Diagnosi
Queste infezioni sono più comunemente secondarie a infezioni ascendenti da batteri coliformi (E. Coli). Nelle donne più giovani le cause possono essere frequentemente dovute anche a infezioni sessualmente tramesse quali Chlamydia Trachomatis e Neisseria Gonorrhoeae. La Chlamydia è spesso asintomatica nelle donne, ma a volte, come la gonorrea, si può presentare con disuria, perdite o malattia infiammatoria pelvica. Entrambi questi microorganismi sono meglio visibili con un tampone uretrale o effettuando una ricerca specifica nelle urine (PCR). Si raccomanda uno screening per la Chlamydia a tutte le donne sessualmente attive sopra i 25 anni.
Come anche nella persistenza batterica, ogni anomalia delle vie urinarie in grado di ridurre la formazione di urina o del suo flusso attraverso le vie urinarie, può aumentare il rischio di incidenza di reinfezione e limitare l’efficacia della terapia antibiotica. L’ecografia ed esami radiologici possono essere utili per dimostrare eventuali anomalie lungo le vie urinarie, la cistoscopia è considerata sempre meno un mezzo diagnostico per l’inquadramento di pazienti con infezioni delle vie urinarie ricorrenti.
Trattamento
Il trattamento inziale per queste forme dovrebbe sempre essere la correzione di tutti i fattori di rischio in grado di perpetuare tale stato. Questi dovrebbero includere: corretto controllo glicemico, alternative al diaframma per la contraccezione, revisione della gestione del catere vescicale, possibile terapia estrogenica sostitutiva in donne post-menopausa con atrofia vaginale, corretta idratazione, rispettare le norme igieniche, tenere un alvo regolare, curare eventuali condizioni di incontinenza urinaria o fecale, evitare l’uso di assorbenti interni, evitare l’uso troppo frequente di sapone intimo. In caso di infezione acuta ovviamente la terapia fondamentale è un opportuno trattamento antibiotico. Risolta l’acuzie esistono diverse strategie di trattamento per prevenire le ricorrenze che possono essere divise in 3 categorie:
- Trattamenti non antibiotici
- Trattamenti basati su antibiotici
- Agenti intravescicali
Trattamenti non antibiotici
Prodotti a base di mirtillo rosso (Cranberry)
Il succo di mirtillo rosso è stato un popolare metodo di prevenzione delle infezioni delle vie urinarie per molti anni. Il suo meccanismo di azione consiste nell’acidificare le urine e nel ridurre l’adesività batterica alle pareti vescicali.
Terapia estrogenica
Le donne post menopausa hanno un aumentato rischio di sviluppare una infezione delle vie urinarie a causa di marcati cambiamenti del pH vaginale e della flora batterica con riduzione della colonizzazione dei Lattobacilli che competono con gli uropatogeni quali l’E. coli che in questo modo sono liberi di proliferare. Solo però gli estrogeni somministrati per via locale sono in grado di ridurre il tasso di reinfezioni, mentre quelli assunti per via orale non sono risultati essere utili a questo scopo.
Methenamina hippurate
La Methenamina assunta per via orale viene escreta dai reni e trasformata nel pH acido delle urine in formaldeide (che possiede proprietà battericide) e ammonio. Questo trattamento è particolarmente utile per le profilassi a lungo termine in quanto i batteri non sono in grado di sviluppare resistenze verso di essa, ma non può essere utilizzata in caso di insufficienza renale.
Trattamenti basati su antibiotici
La profilassi antibiotica a lungo termine si basa sull’assunzione giornaliera o mensile o prima di un rapporto protratta per lungo termine da 6 mesi fino anche ad alcuni anni. Il problema principale di tale profilassi è la capacità batterica di sviluppare resistenze verso l’agente assunto e anche la sua azione sulla normale flora batterica commensale, il quale può portare ad effetti collaterali poco tollerati quali diarrea. Gli antibiotici più comunemente consigliati e studiati per questo fine sono il Thrimethprim, la Nitrofurantoina e la Norfloxacina.
Un trattamento antibiotico in caso di ricorrenza può essere effettuata anche dallo stesso paziente, tramite l’assunzione di una singola dose di antibiotico alla prima comparsa dei sintomi, in modo da ridurre al massimo l’assunzione del farmaco (riducendo così gli effetti collaterali) e massimizzando gli effetti benefici.
Agenti intravescicali
La parete vescicale è normalmente ricoperta da una pellicola protettiva formata da Glicosaminoglicani (GAG). Quando, in seguito ad un primo evento infettivo, questa pellicola viene danneggiata, i batteri sono in grado di penetrare all’interno dello spessore vescicale e lì “nascondersi” da eventuali terapie antibiotiche e ai comuni esami colturali. L’assenza di tale pellicola permette inoltre una più facile adesione dei batteri alla parete vescicale che possono così replicare più facilmente. Tale meccanismo è uno dei principali meccanismi di persistenza o di reinfezione. Lo scopo della terapia intravescicale è quella di ricostruire questa pellicola tramite la somministrazione di acido Ialuronico e Condroitin solfato. Tale instillazioni fatte a cadenza settimanale inizialmente e mensile poi, hanno una efficacia in alcuni casi sovrapponibile alla profilassi continua con antibiotici, senza però gli effetti collaterali che essa può indurre.
Fonte foto: http://www.ialuril.com.au/patient-how-does-ialuril-work.php
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